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Simpliciano e Ambrosiaster: potrebbero essere la stessa persona
_ Il titolo suggerisce un'ipotesi affascinante[1], prima perché non è mai stata proposta
finora[2],
poi perché ci permette di vedere alcuni personaggi della seconda metà del IV
secolo latino sotto una nuova luce.
I. Ambrosiaster
Nel 1539, Erasmo cura la pubblicazione dei Commenti. Nella Lettera al lettore l’editore spiega l’attribuzione dell’opera ad Ambrogio nonostante alcune interpolazioni[3]. Nel 1572 l’autenticità ambrosiana è messa in discussione dal gesuita Franciscus Turrianus; questo dubbio viene in seguito condiviso da B. Pererius, J. Maldonatus, A. Schott e R. Bellarmino. Il nome “Ambrosiaster” appare per la prima volta nell’edizione dei Commenti (1686 - 1690) curata dai maurini Du Frische e Le Nourry. Con l’edizione di J.P. Migne del 1866, che scambia Erasmo con Turrianus, si diffonde l’opinione che a scoprire Ambrosiaster fu Erasmo. Tra il 1966 e il 1969 H.J. Vogels pubblica l’edizione critica dei Commenti di Ambrosiaster [4].
Le 127 o 150 Quaestiones (esistono due redazioni dell’opera) appaiono nel 1902 nella PG[5]. Tre anni dopo, uno studio di A. Souter dimostra che i Commenti e le Quaestiones, sono frutto dello stesso autore [6]. Nel 1908 lo stesso Souter cura un’edizione critica di questa opera[7]. Dopodiché diversi studiosi si adoperano per individuare l’autore. Nei primi decenni del XX secolo la tendenza è di identificare Ambrosiaster con personaggi come: Isacco l’Ebreo, il prefetto romano Ilariano Ilario, Evagrio di Antiochia, il funzionario imperiale Claudio Calisto Ilario, il figlio di Paciano di Barcellona Emiliano Dexter, il donatista Ticomio, Ilario di Pavia, Gaudenzio di Brescia, Niceta di Ramesina, ecc. Ma nessuna di queste proposte è convincente[8]. Senonché G. Morin, in un articolo del 1928, dichiara che nella fattispecie l’enigma di Ambrosister resta insolubile, quindi per non continuare a perdere tempo è meglio arrendersi e dedicare piuttosto allo studio della sua teologia[9]. Seguendone il consiglio, diversi studiosi hanno prodotto nel tempo dei lavori da cui possiamo oggi trarre pochi ma saldi punti su Ambrosiaster [10].
L’autore dei Commenti e delle Quaestiones era contemporaneo di papa Damaso (366-284), ha vissuto a Roma e nell’ Italia settentrionale. Nei suoi scritti ha utilizzato la Vetus latina diffusa nell’Italia del Nord, molto vicina a quella di Ambrogio (il ché contribuì a fare considerare Ambrogio come l’autore dei Commenti)[11]. A. Pollastri traccia un profilo dell’autore che vogliamo qui riassumere: “Dall’analisi delle sue opere l’Ambrosiaster si rivela quale un personaggio dotato di solida cultura giuridica, ha conoscenza degli usi e costumi di popoli diversi: si può supporre che egli abbia viaggiato molto e che abbia fatto parte dell’aristocrazia romana. Ne emerge inoltre l’immagine di una personalità particolarmente portata alla polemica nei confronti di uomini e situazioni, specie nell’ambito ecclesiastico”[12]. Ambrosiaster è un tipico rappresentante della teologia latina pre-calcedonese. Il suo Commento alle lettere di Paolo, ritenuta una delle opere più complete e riuscite dell’epoca, appartiene al cosiddetto “paolinismo del IV secolo”[13].
II. Simpliciano
Troviamo informazioni principali su Simpliciano nelle Confessioni[14], nella Città di Dio[15] di Agostino e nella Vita di Ambrogio scritta da Paolino di Milano nel 412/413[16]. Esistono inoltre quattro lettere di Ambrogio a lui indirizzate[17] e una di Agostino[18] come pure il suo trattato Ad Simplicianum[19]. Non possediamo alcun documento scritto sicuramente dallo stesso Simpliciano, né è mai stato oggetto di studi specifici, oltre il libro divulgativo di Crivelli[20] ed alcune voci nei dizionari[21]. Troviamo invece frequenti riferimenti su di lui nei testi dedicati a Mario Vittorino, Ambrogio e Agostino.
1. Nel libro ottavo della Confessioni Agostino riporta la storia della conversione di Mario Vittorino. La vicenda che si svolge a Roma intorno all’anno 355, è raccontata da Simpliciano ad Agostino trent’anni dopo (386) che la riporta a sua volta dopo altri dodici anni circa (397-402). Mario Vittorino, che aveva una settantina d’anni nel 355, era circondato di stima per la sua cultura ed una sua statua lo onorava nel Foro di Traiano. Simpliciano era invece un giovane sacerdote trentenne. L’abbinamento è quanto meno sorprendente tra un nobile filosofo e un giovane sacerdote al quale si rivolge. Sembra che i due si fossero profondamente legati poiché nella sua relazione Agostino dice che Simpliciano e Mario Vittorino si conoscevano intimamente (familiarissime noverat)[22]. Il giovane sacerdote era un compagno degno per il nobile filosofo, e presumiamo non privo di tenacia, poiché richiede da Vittorino (contro l’opinione degli altri) una pubblica confessione di fede. È probabile che Simpliciano abbia introdotto Vittorino alla lettura cristiana della Scrittura[23] e che abbia avuto un certo influsso sulle sue opere teologiche - tra queste i commenti ad alcune lettere di Paolo (Efesini, Galati, Filipesi). Sebbene intrisi del clima platonico e dello spirito polemico contro gli ariani e contro gli Ebrei, questi commenti tendono a cogliere “mediante l’esegesi rigorosamente letterale, la conoscenza esatta del pensiero di Paolo”[24] – come se Vittorino volesse capire l’Apostolo e capire sé stesso alla luce del suo pensiero.
2. Simpliciano e Ambrogio (339-397) si sono conosciuti a Roma quando vi risiedeva il giovane Ambrogio (353-365)[25]. Può darsi che Simpliciano, di almeno 15 anni maggiore, abbia influenzato l’educazione di Ambrogio[26]. Sta di fatto che alla sua consacrazione come vescovo di Milano nell’autunno del 374 Simpliciano gli era accanto; in seguito svolse un ruolo importante nella sua formazione teologica. A Milano Simpliciano fu anche l’animatore del così detto “circolo neoplatonico milanese”[27]. Non è comunque il caso di sopravalutare l’influsso di Simpliciano su Ambrogio né tanto meno di sottovalutarlo poiché dopo la sua morte, Simpliciano fu “unico” ad assumere la guida della chiesa milanese (397-400).
Le quattro lettere di Ambrogio indirizzate a Simpliciano sono meditazioni sulla Scrittura. Leggendole (e prescindendo dal “grande” Ambrogio che le ha scritte) danno l’impressione di trovarci di fronte a dei compiti che scrive uno studente per il suo insegnante. Penso ad una specie di tracce della formazione teologica di Ambrogio che sotto la guida di Simpliciano imparava a “fare” un commento alla Scrittura[28]. Queste lettere rassomigliano alle Quaestiones di Ambrosiaster. Si contraddistinguono anche da una forte presenza paolina – nella lettera 7 (37) leggiamo che Simpliciano incoraggiava Ambrogio a dedicarsi all’esegesi dei testi di Paolo. Da queste lettere sappiamo che Simpliciano ha viaggiato molto e che si è dedicato allo studio.
3. L’incontro tra Simpliciano e Agostino avviene a Milano intorno all’anno 386 – Agostino aveva trentadue anni, Simpliciano più di sessanta. Due anni dopo Agostino torna a Tagaste e nel 396 diventa vescovo d’Ippona. L’anno seguente (397), morto Ambrogio, Simpliciano diventa vescovo di Milano. Dalla lettera 37 di Agostino risulta che i due rimasero durante tutto questo periodo in contatto epistolare[29]. Simpliciano mandava a Agostino le questioni da risolvere. Per Agostino fu una “scuola teologica per corrispondenza”. Il trattato di Agostino Ad Simplicianum è composto dalle risposte a tali questioni[30]. Come nel caso delle lettere di Ambrogio, in quest’opera di Agostino confluiscono le lettere di Paolo e lo stile delle “Quaestiones”[31].
Simpliciano rimane una persona straordinaria. È stato il padre dei tre Padri della Chiesa. Rimasto nell’ombra di Vittorino, Ambrogio e Agostino, fu proprio lui ad insegnare a ciascuno di loro a vivere Cristo nella sua Chiesa.
III. Confronto e suggerimenti per ulteriori ricerche.
1. Simpliciano e Ambrosiaster vissero durante il pontificato di papa Damaso. Ambrosiaster risiedeva a Roma, nell’Italia del nord, e viaggiava, in Spagna tra l’altro. Simpliciano visse a Roma, a Milano, viaggiando molto – forse anche in Spagna, paese con il quale nei secoli IV e V Milano sviluppava dei contatti.
2. Le Quaestiones furono spesso attribuite ad Agostino e i Commenti ad Ambrogio. In questo senso Ambrosiaster unisce Ambrogio e Agostino – esattamente come Simpliciano.
3. Sotto il suo influsso i “discepoli” di Simpliciano si dedicarono al commento della Scrittura e di Paolo in particolare. Ambrogio e Agostino non nascondono affatto di essere stati spinti a questo lavoro da Simpliciano (fu così forse anche con Vittorino). Simpliciano inviava i suoi “discepoli” a commentare le Scritture – può darsi che praticò egli stesso questa via senza rivelarlo però. I suoi commenti alle Scritture potrebbero essere le opere di Ambrosiaster.
4. Agostino ricorda nella De civitate Dei di avere personalmente assistito ad un commento di Simpliciano al Prologo del vangelo di Giovanni[32]. Una delle Quaestiones di Ambrosiaster è proprio un commento a questo Prologo[33].
5. Uno dei problemi da trattare sarebbe il famoso testo di Agostino nella sua opera Contra duas epistolas Pelagianorum dove è citato il commento di Ambrosiaster alla Rm 5,12[34]. Agostino riporta questo testo pensandolo scritto da Ilario di Poitiers. Perché questa “svista” di Agostino?
6. Un’analisi – se fosse ancora possibile – delle famiglie dei manoscritti di Ambrosiaster darebbe forse modo di collegarle agli spostamenti di Simpliciano. Una delle redazioni delle Quaestiones o dei Commenti poteva essere stata scritta a Roma, l’altra più tardi a Milano.
7.Un’indagine potrebbe mettere in luce la presenza di alcune “idee” di Ambrosiaster in diversi testi di Vittorino, Ambrogio e Agostino. Sembra tuttavia che Simpliciano desse gli spunti ai suoi “discepoli”, per poi lasciarli caminare da soli; la sua pedagogia consisteva ad avviare i suoi allievi ciascuno sulla propria strada, non a farne dei seguaci. D’altra parte la personalità di Mario Vittorino, Ambrogio e Agostino, era troppo forte per mettersi al seguito di “qualcuno” foss’anche il sapiente Simpliciano. Sarebbe quindi difficile trovare espliciti echi di Ambrosiaster (Simpliciano) nelle opere di questi Padri. Mentre combaciano la grandezza di Simpliciano e la grandezza di Ambrosiaster.
8. Dalle lettere di Ambrogio risulta che Simpliciano voleva rimanere nell’ombra. Anche Ambrosiaster desiderava rimanere anonimo[35]. È possibile che i grandi Vittorino, Ambrogio e Agostino abbiano vissuto accanto a Simpliciano, senza rendersi conto di trovarsi in presenza dell’autore degli stupendi Commenti e delle Quaestiones. Simpliciano sapeva tacere e poteva scrivere per se stesso. Forse la sua posizione ecclesiale non gli permetteva di uscire allo scoperto, soprattutto in qualità di autore polemico e critico riguardo alla chiesa e ai diversi gruppi della società del suo tempo. Tra l’altro non sarebbe né il primo né l’ultimo del genere.
Tutto questo costituirebbe materia di un libro. Le mie letture e riflessioni mi hanno portato a “sentire” o a “percepire” tra le righe questa “possibile” affinità tra Simpliciano e Ambrosiaster. Immaginare Simpliciano come l’autore degli scritti di Ambrosiaster (e viceversa) è mera ipotesi. Tuttavia mi ha permesso di porre in una prospettiva del tutto nuova Agostino, Ambrogio e Vittorino. E questo esercizio, basterebbe allo scopo.
2002
[1] L’idea di questo studio risale a 15 anni fa, quando durante il corso di patrologia tenuto nella Pontificia Accademia Teologica di Cracovia, il prof. Edward Staniek disse che in passato le Quaestiones di Ambrosiater furono attribuite ad Agostino e i Commenti alle lettere di Paolo a Ambrogio mentre la persona che lega queste due personalità dell’antichità cristiana è Simplicianus. A questo professore vorrei anche dedicare queste pagine come segno di gratitudine per avermi introdotto all’ inizio dei miei studi teologici al mondo dei Padri.
[2]L’ha segnalato soltanto discretamente nel mio articolo « Ambrosiaster », in L. Pacomio – G. Occhipinti (edd.), Dizionario dei teologi, Piemme, Casale Monferrato 1988, 68-70.
[3] Cf. R. Hoven, « Notes sur Erasme et les auteurs anciens”, L’Antiquité classique 38 (1969) 172-174.
[4] Cf. H.J. Vogels, Ambrosiastri qui dicitur commentarius in epistulas paulinas, in CSEL 81/1.2.3, 1966-1969.
[5] Cf. J.P. Migne, Quaestiones Veteris et Novi Testamenti, in PL 35, Parisiis 1902, 2215-2422.
[6] Cf. A. Souter, “A Study of Ambrosiaster”, in TS 7,4, Cambridge 1905.
[7] Cf. A. Souter, Pseudo-Augustini Quaestiones Veteris et Novi Testamenti CXXVII, in CSEL 50, 1908.
[8] A questo Autore si attribuisce, senza però gli argomenti convincenti degli studiosi, anche le altre opere minori come Commento a Matteo 24, De Petro apostolo, il De tribus mensuris e la Lex Sei sive Mosaicarum et Romanarum legum collatio. Cf. A. Souter, The earliest latin Commentaries on the Epistles of St. Paul, Oxford 1927, 39-41; C. Martini, Ambosiaster. De auctore, operibus, theologia, Romae 1944, 9-17; H. J. Vogels, op. cit., CSEL 81/1, 1966, IX-X.
[9] Cf. G. Morin, “La critique dans une impasse: à propos du cas de l’Ambrosiaster”, Rbén 40 (1928) 251-255.
[10] Per i principali studi su Ambrosiaster e per la bibliografia: cf. A. Pollastri, Ambrosiaster – commento alla Lettera ai Romani – aspetti cristologici, L.U. Japadre Editore, l’Aquila 1977.
[11] Cf. A. Pollastri, op. cit., 3-39.
[12] A. Pollastri, “Introduzione” in Amrosiaster, Commento alla Lettera ai Romani, Città Nuova Editrice, Roma 1984, 10-11.
[13] Cf. M.G. Mara, Paolo di Tarso e il suo epistolario. Ricerche storico – esegetiche, L.U. Japadre Editore, l’Aquila 1983.
[14] Cf. Agostino, Le Confessioni, VIII,1,1-5,10, Città Nuova Editrice, Roma 1965, 216-229.
[15] Cf. Agostino, De civitate Dei, X,29,2, Città Nuova Editrice, Roma 1978, 754-755.
[16] Cf. Paolino di Milano, Vita di Ambrogio, 46, in Tutte le opere di sant’Ambrogio, 24/II, Biblioteca Ambrosiana – Città Nuova Editrice, Milano - Roma, 1991, 76-77.
[17] Cf. Ambrogio, Lettere, 2, 3, 7, 10 (rispettivamente Maur. 65, 67, 37, 38), in Discorsi e Lettere, II/1, trad. italiana di G. Batterla, Milano – Roma 1988, 36-51, 72-99, 106-113.
[18] Cf. nota 30.
[19] Cf. nota 31.
[20] Cf. L. Crivelli, Simpliciano. Vescovo della Chiesa milanese. Una guida dal silenzio, Edizioni San Paolo, Milano 1994; Idem, San Simpliciano, Un vescovo, una basilica, Milano 1994.
[21] Cf. C. Pasini, Simpliciano di Milano, santo, in Dizionario della Chiesa ambrosiana, VI, Milano 1993, 3454-3460.
[22] Agostino, Le Confessioni, 8,2,3, op. cit., 220.
[23] Cf. P. Hadot, Marius Victorinus. Recherches sur sa vie et ses oeuvres, Paris 1971, 235-246.
[24] M.G. Mara, Palo di Tarso e il suo epistolario, op. cit., 33.
[25] Cf. C. Pasini, Ambrogio di Milano. Azione e pensiero di un vescovo, Edizioni San Paolo, Milano 1996, 27-38.
[26] Si dice che Ambrogio a Roma frequentasse il circolo di Mario Vittorino, ma Vittorino era “discepolo” di Simpliciano.
[27] Cf. A. Solignac, Il circolo neoplatonico milanese al tempo della conversione di Agostino, in Agostino a Milano. Il battesimo. Agostino nelle terre di Ambrogio (22-24 aprile 1987), Agostiniana. Testi e studi, 3, Palermo 1988, 43-56.
[28] La lettera 2 (65) è un commento allegorico al Es 24,5-6 che sviluppa il tema della sapienza. La lettera 3 (67) è un saggio allegorico su Mosé e Arone. La lettera 7 (37) partendo dalla 1 Cor 7,23 sviluppa il tema della vera sapienza e libertà in Cristo, che continua la lettera 10 (38).
[29] Cf. Agostino, La lettera 37, in Opera omnia di sant’Agostino, XXI/1, Città Nuova Editrice, Roma 19922, 292-295.
[30] Cf. Agostino, Le diverse questioni a Simpliciano, in Opera omnia di sant’Agostino, VI/2, Città Nuova Editrice, Roma 1995, 265-389.
[31] Più tardi Agostino si è pronunciato alcune volte riguardo quest’opera; cf. Ritrattazioni, 1,16 e 2,27,1; Predestinazione dei santi, 4,8; Dono della perseveranza, 20,52 e 21,55. Agostino anche in diverse momenti cercava di commentare le lettere paoline ma non sembra fosse il suo autore preferito. Cf. anche N. Cipriani, “Agostino lettore dei commenti paolini di Mario Vittorino”, in Augustinianum 38 (1998) n. 2, 413-428.
[32] “Come individui superbi vi vergogniate appunto di diventare da discepoli di Platone discepoli del Cristo che col suo spirito ha insegnato a un pescatore a pensare e a dire: In principio era il Verbo…(1 Gv 1,1-3). È l’inizio del santo vangelo che ha il nome di Giovanni. Un platonico, come ho udito frequentemente dire dal santo vecchi Simpliciano, che poi resse la chiesa di Milano come vescovo, affermava che doveva scrivere in lettere d’oro ed esporlo presso tutte le chiese in luoghi facilmente visibili”; Agostino, De civitate Dei, 10, 29,2, op. cit., 754-755.
[33] Cf. Ambrosiaster, Quaestiones CXXII, CSEL 50, 364-374.
[34] Cf. Agostino, Contra duae epistolas Pelagianorum, 4,4,7, PL XLIV, 614; M. Michalski, op. cit., 99.
[35] La polemica di Girolamo che era proprio furioso a causa dell’anonimità dell’autore della questione sul Melchisedech. Cf. E. Staniek, „Spór o Melchizedecha (Ambrozjaster – Hieronim), in Vox Patrum 7 (1987) n. 12-13, 345-353.
I. Ambrosiaster
Nel 1539, Erasmo cura la pubblicazione dei Commenti. Nella Lettera al lettore l’editore spiega l’attribuzione dell’opera ad Ambrogio nonostante alcune interpolazioni[3]. Nel 1572 l’autenticità ambrosiana è messa in discussione dal gesuita Franciscus Turrianus; questo dubbio viene in seguito condiviso da B. Pererius, J. Maldonatus, A. Schott e R. Bellarmino. Il nome “Ambrosiaster” appare per la prima volta nell’edizione dei Commenti (1686 - 1690) curata dai maurini Du Frische e Le Nourry. Con l’edizione di J.P. Migne del 1866, che scambia Erasmo con Turrianus, si diffonde l’opinione che a scoprire Ambrosiaster fu Erasmo. Tra il 1966 e il 1969 H.J. Vogels pubblica l’edizione critica dei Commenti di Ambrosiaster [4].
Le 127 o 150 Quaestiones (esistono due redazioni dell’opera) appaiono nel 1902 nella PG[5]. Tre anni dopo, uno studio di A. Souter dimostra che i Commenti e le Quaestiones, sono frutto dello stesso autore [6]. Nel 1908 lo stesso Souter cura un’edizione critica di questa opera[7]. Dopodiché diversi studiosi si adoperano per individuare l’autore. Nei primi decenni del XX secolo la tendenza è di identificare Ambrosiaster con personaggi come: Isacco l’Ebreo, il prefetto romano Ilariano Ilario, Evagrio di Antiochia, il funzionario imperiale Claudio Calisto Ilario, il figlio di Paciano di Barcellona Emiliano Dexter, il donatista Ticomio, Ilario di Pavia, Gaudenzio di Brescia, Niceta di Ramesina, ecc. Ma nessuna di queste proposte è convincente[8]. Senonché G. Morin, in un articolo del 1928, dichiara che nella fattispecie l’enigma di Ambrosister resta insolubile, quindi per non continuare a perdere tempo è meglio arrendersi e dedicare piuttosto allo studio della sua teologia[9]. Seguendone il consiglio, diversi studiosi hanno prodotto nel tempo dei lavori da cui possiamo oggi trarre pochi ma saldi punti su Ambrosiaster [10].
L’autore dei Commenti e delle Quaestiones era contemporaneo di papa Damaso (366-284), ha vissuto a Roma e nell’ Italia settentrionale. Nei suoi scritti ha utilizzato la Vetus latina diffusa nell’Italia del Nord, molto vicina a quella di Ambrogio (il ché contribuì a fare considerare Ambrogio come l’autore dei Commenti)[11]. A. Pollastri traccia un profilo dell’autore che vogliamo qui riassumere: “Dall’analisi delle sue opere l’Ambrosiaster si rivela quale un personaggio dotato di solida cultura giuridica, ha conoscenza degli usi e costumi di popoli diversi: si può supporre che egli abbia viaggiato molto e che abbia fatto parte dell’aristocrazia romana. Ne emerge inoltre l’immagine di una personalità particolarmente portata alla polemica nei confronti di uomini e situazioni, specie nell’ambito ecclesiastico”[12]. Ambrosiaster è un tipico rappresentante della teologia latina pre-calcedonese. Il suo Commento alle lettere di Paolo, ritenuta una delle opere più complete e riuscite dell’epoca, appartiene al cosiddetto “paolinismo del IV secolo”[13].
II. Simpliciano
Troviamo informazioni principali su Simpliciano nelle Confessioni[14], nella Città di Dio[15] di Agostino e nella Vita di Ambrogio scritta da Paolino di Milano nel 412/413[16]. Esistono inoltre quattro lettere di Ambrogio a lui indirizzate[17] e una di Agostino[18] come pure il suo trattato Ad Simplicianum[19]. Non possediamo alcun documento scritto sicuramente dallo stesso Simpliciano, né è mai stato oggetto di studi specifici, oltre il libro divulgativo di Crivelli[20] ed alcune voci nei dizionari[21]. Troviamo invece frequenti riferimenti su di lui nei testi dedicati a Mario Vittorino, Ambrogio e Agostino.
1. Nel libro ottavo della Confessioni Agostino riporta la storia della conversione di Mario Vittorino. La vicenda che si svolge a Roma intorno all’anno 355, è raccontata da Simpliciano ad Agostino trent’anni dopo (386) che la riporta a sua volta dopo altri dodici anni circa (397-402). Mario Vittorino, che aveva una settantina d’anni nel 355, era circondato di stima per la sua cultura ed una sua statua lo onorava nel Foro di Traiano. Simpliciano era invece un giovane sacerdote trentenne. L’abbinamento è quanto meno sorprendente tra un nobile filosofo e un giovane sacerdote al quale si rivolge. Sembra che i due si fossero profondamente legati poiché nella sua relazione Agostino dice che Simpliciano e Mario Vittorino si conoscevano intimamente (familiarissime noverat)[22]. Il giovane sacerdote era un compagno degno per il nobile filosofo, e presumiamo non privo di tenacia, poiché richiede da Vittorino (contro l’opinione degli altri) una pubblica confessione di fede. È probabile che Simpliciano abbia introdotto Vittorino alla lettura cristiana della Scrittura[23] e che abbia avuto un certo influsso sulle sue opere teologiche - tra queste i commenti ad alcune lettere di Paolo (Efesini, Galati, Filipesi). Sebbene intrisi del clima platonico e dello spirito polemico contro gli ariani e contro gli Ebrei, questi commenti tendono a cogliere “mediante l’esegesi rigorosamente letterale, la conoscenza esatta del pensiero di Paolo”[24] – come se Vittorino volesse capire l’Apostolo e capire sé stesso alla luce del suo pensiero.
2. Simpliciano e Ambrogio (339-397) si sono conosciuti a Roma quando vi risiedeva il giovane Ambrogio (353-365)[25]. Può darsi che Simpliciano, di almeno 15 anni maggiore, abbia influenzato l’educazione di Ambrogio[26]. Sta di fatto che alla sua consacrazione come vescovo di Milano nell’autunno del 374 Simpliciano gli era accanto; in seguito svolse un ruolo importante nella sua formazione teologica. A Milano Simpliciano fu anche l’animatore del così detto “circolo neoplatonico milanese”[27]. Non è comunque il caso di sopravalutare l’influsso di Simpliciano su Ambrogio né tanto meno di sottovalutarlo poiché dopo la sua morte, Simpliciano fu “unico” ad assumere la guida della chiesa milanese (397-400).
Le quattro lettere di Ambrogio indirizzate a Simpliciano sono meditazioni sulla Scrittura. Leggendole (e prescindendo dal “grande” Ambrogio che le ha scritte) danno l’impressione di trovarci di fronte a dei compiti che scrive uno studente per il suo insegnante. Penso ad una specie di tracce della formazione teologica di Ambrogio che sotto la guida di Simpliciano imparava a “fare” un commento alla Scrittura[28]. Queste lettere rassomigliano alle Quaestiones di Ambrosiaster. Si contraddistinguono anche da una forte presenza paolina – nella lettera 7 (37) leggiamo che Simpliciano incoraggiava Ambrogio a dedicarsi all’esegesi dei testi di Paolo. Da queste lettere sappiamo che Simpliciano ha viaggiato molto e che si è dedicato allo studio.
3. L’incontro tra Simpliciano e Agostino avviene a Milano intorno all’anno 386 – Agostino aveva trentadue anni, Simpliciano più di sessanta. Due anni dopo Agostino torna a Tagaste e nel 396 diventa vescovo d’Ippona. L’anno seguente (397), morto Ambrogio, Simpliciano diventa vescovo di Milano. Dalla lettera 37 di Agostino risulta che i due rimasero durante tutto questo periodo in contatto epistolare[29]. Simpliciano mandava a Agostino le questioni da risolvere. Per Agostino fu una “scuola teologica per corrispondenza”. Il trattato di Agostino Ad Simplicianum è composto dalle risposte a tali questioni[30]. Come nel caso delle lettere di Ambrogio, in quest’opera di Agostino confluiscono le lettere di Paolo e lo stile delle “Quaestiones”[31].
Simpliciano rimane una persona straordinaria. È stato il padre dei tre Padri della Chiesa. Rimasto nell’ombra di Vittorino, Ambrogio e Agostino, fu proprio lui ad insegnare a ciascuno di loro a vivere Cristo nella sua Chiesa.
III. Confronto e suggerimenti per ulteriori ricerche.
1. Simpliciano e Ambrosiaster vissero durante il pontificato di papa Damaso. Ambrosiaster risiedeva a Roma, nell’Italia del nord, e viaggiava, in Spagna tra l’altro. Simpliciano visse a Roma, a Milano, viaggiando molto – forse anche in Spagna, paese con il quale nei secoli IV e V Milano sviluppava dei contatti.
2. Le Quaestiones furono spesso attribuite ad Agostino e i Commenti ad Ambrogio. In questo senso Ambrosiaster unisce Ambrogio e Agostino – esattamente come Simpliciano.
3. Sotto il suo influsso i “discepoli” di Simpliciano si dedicarono al commento della Scrittura e di Paolo in particolare. Ambrogio e Agostino non nascondono affatto di essere stati spinti a questo lavoro da Simpliciano (fu così forse anche con Vittorino). Simpliciano inviava i suoi “discepoli” a commentare le Scritture – può darsi che praticò egli stesso questa via senza rivelarlo però. I suoi commenti alle Scritture potrebbero essere le opere di Ambrosiaster.
4. Agostino ricorda nella De civitate Dei di avere personalmente assistito ad un commento di Simpliciano al Prologo del vangelo di Giovanni[32]. Una delle Quaestiones di Ambrosiaster è proprio un commento a questo Prologo[33].
5. Uno dei problemi da trattare sarebbe il famoso testo di Agostino nella sua opera Contra duas epistolas Pelagianorum dove è citato il commento di Ambrosiaster alla Rm 5,12[34]. Agostino riporta questo testo pensandolo scritto da Ilario di Poitiers. Perché questa “svista” di Agostino?
6. Un’analisi – se fosse ancora possibile – delle famiglie dei manoscritti di Ambrosiaster darebbe forse modo di collegarle agli spostamenti di Simpliciano. Una delle redazioni delle Quaestiones o dei Commenti poteva essere stata scritta a Roma, l’altra più tardi a Milano.
7.Un’indagine potrebbe mettere in luce la presenza di alcune “idee” di Ambrosiaster in diversi testi di Vittorino, Ambrogio e Agostino. Sembra tuttavia che Simpliciano desse gli spunti ai suoi “discepoli”, per poi lasciarli caminare da soli; la sua pedagogia consisteva ad avviare i suoi allievi ciascuno sulla propria strada, non a farne dei seguaci. D’altra parte la personalità di Mario Vittorino, Ambrogio e Agostino, era troppo forte per mettersi al seguito di “qualcuno” foss’anche il sapiente Simpliciano. Sarebbe quindi difficile trovare espliciti echi di Ambrosiaster (Simpliciano) nelle opere di questi Padri. Mentre combaciano la grandezza di Simpliciano e la grandezza di Ambrosiaster.
8. Dalle lettere di Ambrogio risulta che Simpliciano voleva rimanere nell’ombra. Anche Ambrosiaster desiderava rimanere anonimo[35]. È possibile che i grandi Vittorino, Ambrogio e Agostino abbiano vissuto accanto a Simpliciano, senza rendersi conto di trovarsi in presenza dell’autore degli stupendi Commenti e delle Quaestiones. Simpliciano sapeva tacere e poteva scrivere per se stesso. Forse la sua posizione ecclesiale non gli permetteva di uscire allo scoperto, soprattutto in qualità di autore polemico e critico riguardo alla chiesa e ai diversi gruppi della società del suo tempo. Tra l’altro non sarebbe né il primo né l’ultimo del genere.
Tutto questo costituirebbe materia di un libro. Le mie letture e riflessioni mi hanno portato a “sentire” o a “percepire” tra le righe questa “possibile” affinità tra Simpliciano e Ambrosiaster. Immaginare Simpliciano come l’autore degli scritti di Ambrosiaster (e viceversa) è mera ipotesi. Tuttavia mi ha permesso di porre in una prospettiva del tutto nuova Agostino, Ambrogio e Vittorino. E questo esercizio, basterebbe allo scopo.
2002
[1] L’idea di questo studio risale a 15 anni fa, quando durante il corso di patrologia tenuto nella Pontificia Accademia Teologica di Cracovia, il prof. Edward Staniek disse che in passato le Quaestiones di Ambrosiater furono attribuite ad Agostino e i Commenti alle lettere di Paolo a Ambrogio mentre la persona che lega queste due personalità dell’antichità cristiana è Simplicianus. A questo professore vorrei anche dedicare queste pagine come segno di gratitudine per avermi introdotto all’ inizio dei miei studi teologici al mondo dei Padri.
[2]L’ha segnalato soltanto discretamente nel mio articolo « Ambrosiaster », in L. Pacomio – G. Occhipinti (edd.), Dizionario dei teologi, Piemme, Casale Monferrato 1988, 68-70.
[3] Cf. R. Hoven, « Notes sur Erasme et les auteurs anciens”, L’Antiquité classique 38 (1969) 172-174.
[4] Cf. H.J. Vogels, Ambrosiastri qui dicitur commentarius in epistulas paulinas, in CSEL 81/1.2.3, 1966-1969.
[5] Cf. J.P. Migne, Quaestiones Veteris et Novi Testamenti, in PL 35, Parisiis 1902, 2215-2422.
[6] Cf. A. Souter, “A Study of Ambrosiaster”, in TS 7,4, Cambridge 1905.
[7] Cf. A. Souter, Pseudo-Augustini Quaestiones Veteris et Novi Testamenti CXXVII, in CSEL 50, 1908.
[8] A questo Autore si attribuisce, senza però gli argomenti convincenti degli studiosi, anche le altre opere minori come Commento a Matteo 24, De Petro apostolo, il De tribus mensuris e la Lex Sei sive Mosaicarum et Romanarum legum collatio. Cf. A. Souter, The earliest latin Commentaries on the Epistles of St. Paul, Oxford 1927, 39-41; C. Martini, Ambosiaster. De auctore, operibus, theologia, Romae 1944, 9-17; H. J. Vogels, op. cit., CSEL 81/1, 1966, IX-X.
[9] Cf. G. Morin, “La critique dans une impasse: à propos du cas de l’Ambrosiaster”, Rbén 40 (1928) 251-255.
[10] Per i principali studi su Ambrosiaster e per la bibliografia: cf. A. Pollastri, Ambrosiaster – commento alla Lettera ai Romani – aspetti cristologici, L.U. Japadre Editore, l’Aquila 1977.
[11] Cf. A. Pollastri, op. cit., 3-39.
[12] A. Pollastri, “Introduzione” in Amrosiaster, Commento alla Lettera ai Romani, Città Nuova Editrice, Roma 1984, 10-11.
[13] Cf. M.G. Mara, Paolo di Tarso e il suo epistolario. Ricerche storico – esegetiche, L.U. Japadre Editore, l’Aquila 1983.
[14] Cf. Agostino, Le Confessioni, VIII,1,1-5,10, Città Nuova Editrice, Roma 1965, 216-229.
[15] Cf. Agostino, De civitate Dei, X,29,2, Città Nuova Editrice, Roma 1978, 754-755.
[16] Cf. Paolino di Milano, Vita di Ambrogio, 46, in Tutte le opere di sant’Ambrogio, 24/II, Biblioteca Ambrosiana – Città Nuova Editrice, Milano - Roma, 1991, 76-77.
[17] Cf. Ambrogio, Lettere, 2, 3, 7, 10 (rispettivamente Maur. 65, 67, 37, 38), in Discorsi e Lettere, II/1, trad. italiana di G. Batterla, Milano – Roma 1988, 36-51, 72-99, 106-113.
[18] Cf. nota 30.
[19] Cf. nota 31.
[20] Cf. L. Crivelli, Simpliciano. Vescovo della Chiesa milanese. Una guida dal silenzio, Edizioni San Paolo, Milano 1994; Idem, San Simpliciano, Un vescovo, una basilica, Milano 1994.
[21] Cf. C. Pasini, Simpliciano di Milano, santo, in Dizionario della Chiesa ambrosiana, VI, Milano 1993, 3454-3460.
[22] Agostino, Le Confessioni, 8,2,3, op. cit., 220.
[23] Cf. P. Hadot, Marius Victorinus. Recherches sur sa vie et ses oeuvres, Paris 1971, 235-246.
[24] M.G. Mara, Palo di Tarso e il suo epistolario, op. cit., 33.
[25] Cf. C. Pasini, Ambrogio di Milano. Azione e pensiero di un vescovo, Edizioni San Paolo, Milano 1996, 27-38.
[26] Si dice che Ambrogio a Roma frequentasse il circolo di Mario Vittorino, ma Vittorino era “discepolo” di Simpliciano.
[27] Cf. A. Solignac, Il circolo neoplatonico milanese al tempo della conversione di Agostino, in Agostino a Milano. Il battesimo. Agostino nelle terre di Ambrogio (22-24 aprile 1987), Agostiniana. Testi e studi, 3, Palermo 1988, 43-56.
[28] La lettera 2 (65) è un commento allegorico al Es 24,5-6 che sviluppa il tema della sapienza. La lettera 3 (67) è un saggio allegorico su Mosé e Arone. La lettera 7 (37) partendo dalla 1 Cor 7,23 sviluppa il tema della vera sapienza e libertà in Cristo, che continua la lettera 10 (38).
[29] Cf. Agostino, La lettera 37, in Opera omnia di sant’Agostino, XXI/1, Città Nuova Editrice, Roma 19922, 292-295.
[30] Cf. Agostino, Le diverse questioni a Simpliciano, in Opera omnia di sant’Agostino, VI/2, Città Nuova Editrice, Roma 1995, 265-389.
[31] Più tardi Agostino si è pronunciato alcune volte riguardo quest’opera; cf. Ritrattazioni, 1,16 e 2,27,1; Predestinazione dei santi, 4,8; Dono della perseveranza, 20,52 e 21,55. Agostino anche in diverse momenti cercava di commentare le lettere paoline ma non sembra fosse il suo autore preferito. Cf. anche N. Cipriani, “Agostino lettore dei commenti paolini di Mario Vittorino”, in Augustinianum 38 (1998) n. 2, 413-428.
[32] “Come individui superbi vi vergogniate appunto di diventare da discepoli di Platone discepoli del Cristo che col suo spirito ha insegnato a un pescatore a pensare e a dire: In principio era il Verbo…(1 Gv 1,1-3). È l’inizio del santo vangelo che ha il nome di Giovanni. Un platonico, come ho udito frequentemente dire dal santo vecchi Simpliciano, che poi resse la chiesa di Milano come vescovo, affermava che doveva scrivere in lettere d’oro ed esporlo presso tutte le chiese in luoghi facilmente visibili”; Agostino, De civitate Dei, 10, 29,2, op. cit., 754-755.
[33] Cf. Ambrosiaster, Quaestiones CXXII, CSEL 50, 364-374.
[34] Cf. Agostino, Contra duae epistolas Pelagianorum, 4,4,7, PL XLIV, 614; M. Michalski, op. cit., 99.
[35] La polemica di Girolamo che era proprio furioso a causa dell’anonimità dell’autore della questione sul Melchisedech. Cf. E. Staniek, „Spór o Melchizedecha (Ambrozjaster – Hieronim), in Vox Patrum 7 (1987) n. 12-13, 345-353.
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